mercoledì 14 maggio 2014

Il Fiore del Seicento (misteri dei tulipani, dal piatto di Montelupo a Cecco Bravo e dintorni)





Fiore lanceolato, giallo atonico di Montelupo, metà dei Seicento, dichiara il contesto lucchese, onusto di graffita, stemmi semplici e banali, ghirigori in cornici, e la fine delle mura medievali che questo seppellisce, or che hanno trovato nobili sostituti e ultime le torri ormai inutili del lato occidentale s'arrendono ai nuovi baluardi, a un secolo e più dal sacrificio del San Donato.
Ma si deve zigzagare per centinaia di immagini di un secolo da vivere nella natura morta, sogno dell'archeologo che la trova in pezzi e del tutto priva di ciò che fu vivente, o quasi, per arrivare infine a Cecco Bravo e alla sua passione per il tulipano in bocciolo, esibito da Flora negli anni in cui il tulipano furoreggiava, la crisi del 1637, e poi le virtuose cadenze della Garzoni, con tutta quella frutta che non si vede mai il vaso. Disperazione dell'archeologo, che si risolve nel trionfo della vita del Fiore del Seicento, nelle trasparenze del vetro, nel serrarsi e dischiudersi dei petali.
Finezze di calligrafa, tratto violento e vitale, protoinformale, del pittore di Montelupo, per un piatto prezioso fra i cento di graffita con stemmi semplici e banali, l'emozione di una natura morta alla fine dell'insalata.

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