mercoledì 5 dicembre 2012
Storie di famiglie e musica
Rotta al punto giusto, lucente quel che basta, colori squillanti fra segni netti e profondi della stecca, l'arme dei Ghivizzani, per chissà qual ghiribizzo del fato, riappare dalle terre e dalle cassette ammucchiate, invertita rispetto alle meraviglie ottocentesche del Ceramelli Papiani, «partito: nel 1° palato di sei pezzi d'argento e d'azzurro, al capo del primo caricato di un leone leopardito del secondo; nel 2° d'argento, all'aquila dal volo abbassato di nero, coronata d'oro, uscente dalla partizione..» A dire il vero con la punta del graffito il leone leopardito sembra piuttosto un cagnolone, ma i colori son quelli.
Seconda metà del Cinquecento, forse agli inizi, e siamo agli anni del Ghivizzani Giovanni Battista, da cui sorse Alessandro oggi obblïato anche dalla toponomastica stradale, unica memoria delle glorie municipali, ma non dai redattori della Treccani, che ce ne narrano storie ed eventi ed avventure, Firenze le corti della terra di qua e di là del Po, Monteverdi, Lucca andata e ritorno.
E sarebbe bello capir di ceco, per sentirne i suoni, navigando sul web della Boemia, o chissà dove. Ma ci si può contentar di Caccini suo suocero e Monteverdi, per ritrovare nei colori della terra i suoni delle corti di qua e di là dell'Appennino.
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