mercoledì 3 ottobre 2012

Coppe d'Oriente per la minestra di farro della Garfagnana



Ritorna da antiche diapositive la scheggia di tazza bianca blu azzurra che gli amici di Castelnuovo recuperarono in anni persi nel sogno e sfumati nella memoria, nella vasca della pieve, a Fosciana, sulle vie dei monti e sul fertile terrazzo che il Serchio grande e il piccolo bagnano, con i vasi di Garfagnana e di Lucca, i bronzi e i ferri, e le monete dei primi del Duecento. Tracce di viaggi per mare di mercanti pellegrini crociati, negli anni di Federico II e dei Comuni arditi e degli ultimi fideles dei monti, e dei loro domini.
E infine, venti e più anni passati, la tazza può colmarsi del buon farro della Garfagnana, minestra cotta alla araba come ci insegnano le ricette visive di al-Wasiti, fornello calderone coppe e vassoio, negli stessi anni. Risotti alla mesopotamica e farro dei monti, o forse bisognerebbe leggere al-Hariri, arduo in traduzione come nell'originale. Ma l'archeologo s'accontenta dei colori, e travestiti i personaggi d'Oriente – nobile dono di Gallica per i frequentatori affezionati del suo repertorio di glorie di Francia elargite al mondo – alla garfagnina, ritrova vita di sogno per la scheggia d'Oriente, e i suoi viaggi per mare e fiume e terra, dalla Siria a Pieve Fosciana.

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