mercoledì 16 maggio 2012
Cavalli e cavalieri da Atene alla Maremma
Si vedono a colori, con qualche riflesso, dopo quasi trent'anni, i giovani i cavalli il paidotribes che il Pittore della Dokimasia o un suo amico dispone in duplice sequenza di stoai e di esausti alberi sulla kylix approdata alla terra di Maremma, negli anni 470 o 460 più o meno, per un banchetto non estremo come quelli per cui era nato nella terra di Atene, misurato perché il signore di terre dell'Albegna, di vigneti e di praterie e di grano, e il mare sullo sfondo, potesse rispecchiarsi nei colori del vino, con i suoi cavalli e i suoi sodali.
Terra di colori, come l'aggere di Doganella, smontato nell'Ottocento, scavato dagli archeologi degli anni nostri, rivisto dagli inglesi e infine nei segni bianchi orlati di nero incisi sullo smeraldo fantastico dalla genialità di Marcello; e i colori che il cielo infinito sparge sul fiume e i suoi blandi meandri carichi di storia e di ricordi, sul porto immerso nella laguna e sul porto al margine della laguna che non c'è più, a Fonteblanda, e sul santuario sul mare di Bengodi, che con il tenue sorriso delle antefisse salutava i naviganti dallo scoglio di Telamon, visto da Argonauti in cerca di vino e di ferro.
Colori che rivivono, forti come il vino che offrivano al signore di terre dell'Albegna, nella kylix studiata nel bianco e nero di anni perduti, con i riccioli dei giovani hippotai, il solido corpo dei cavalli, il panneggio del maestro di palestra.
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