domenica 18 settembre 2011

Lo scramasax di San Pietro: andando da Pontedera a Trento (passando da Lucca)


È un vedononvedo, fra ruggine sapientemente trasformata dal restauratore provetto, e Segni dell'Acqua che non sono Segni dell'Auser, ma Segnidellarno o Segnidellera, lo scramasax del nonno (forse) di Maurizio di Tabernulae, anno 762, Romani liberi o servi di Pertualdo e degli amici suoi Longobardi di Lucca e di Pisa, fra monasteri e pantani in formazione, sulle terre del Rivo Nonniche dove poi venne Pontedera.
Risplende quel tanto che già mostrava alle radiografie il coltellaccio senza cintura del contadino uomo libero – sogna l'Archeologo Zio, travolto da ricordi incoerenti, folgorato dal gancio di faretra delle tombe di cavalieri truculenti di Castel Trosino e del Friuli, che alla Scafa di Pontedera diviene gancio da pennato, come dice Sara (archeologia sperimentale nella memoria del nonno e dei boscaioli fra Lima e Pescie).
E per dar colore alla ruggine monocroma, vita e sangue al coltellaccio che chiameremo scramasax per far contenti tutti, lungo quel che basta per andare agli anni di Agilulfo e di Rotari, ma non tanto in là, arma da guerra e da agguato, per uccidere uomini e cinghiali, il sogno dei pupazzi del Vangelo di Sant'Agostino, brandito da San Pietro per l'inutile aggressione.

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