mercoledì 1 giugno 2011

La Signora del Lacus (ovvero: le Acque e il Vino)



Sette mesi, due stagioni, e dalle acque riemerge il lacus di Sara, generato dai tubi dell'acqua in paesaggi straniati, lambito dai cavi e non visto (forse), quasi sepolto dalla nuova strada che rende incomprensibili le antiche, centuriazioni che si perdono sotto colmate e fra fossi rigenerati volte infinite, sull'Arno e fra l'Era e il grande fiume, maestro della doppia via da Pisa a Florentia, ultima sosta prima delle Tabernulae che ancora nel secolo VIII spuntavano fra i pantani della pianura.
Dipinta dal sole, nei colori di un quasi tramonto che ha perso il sapore della primavera, non ancora conquistato quello dell'estate, l'archeologa è di nuovo signora della sua scoperta, in un giorno di archeologia figlia di strade, di ospedali, di tubi, fertili o sterili, di rinnovati sogni di Dafni e Cloe con feste rustiche a pigiar l'uva sul fiume e lungo la strada scalcinata, in qualche anno dei Severi o di Decio o di Gallieno, fra erudite reminiscenze del sarcofago di Achilleus e fantasticherie sulle anfore di Empoli e di Forlimpopoli. E l'attesa di saperne qualcosa di più, mentre l'archeologa Signora del Lacus registra in bianco e nero i colori dell'opus testaceum, degno figlio della manualistica di Palladio. E le immagini dei putti festosi di Santa Costanza ad aggiungere altri colori, e i sapori del legno, ai quattro che la terra di Pontedera ha regalato a Sara, facendola aspettare sette mesi, e all'Archeologo Zio perché non stia solo a rimuginare sull'infinita insensatezza del tutto.

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.