sabato 7 maggio 2011

La zuppa (degli anni) di San Frediano


Si inseguono da Roma a Lucca, lì del VII, qui con salse d'Africa del pieno VI, i mitici bacini, alvei con labbro rientrante e beccuccio versatoio, ineludibile segno degli anni di San Frediano o poco dopo, per chi a Lucca cerchi nella terra i Segni della Storia, reliquie di un'epoca, accanto alle reliquie del Santo Idraulico.
Stavan per chiamarsi zuppe (forse) le pappe e le minestre scaldate nel calderone martellato dai Romani artigiani di Lucca, nel secolo successivo, reso nei colori vivaci dei pupazzi animati del Pentateuco che  tanto ha girato, per salvarci illusioni policrome dei secoli bui, se non nelle absidi delle chiese.
E poi, sulla tavola, con il mestolo, per esser versate sui metalli rivissuti infinite volte, o nelle ultime scodelle d'Africa, colori vivaci destinati a perdersi nei secoli bui, per rinascere in verde e nero seicento e più anni dopo.
(Gli anni di) San Frediano a tavola, pulmentaria da versare su pane per farlo diventare zuppa, come dicevano o avrebbero detto i nuovi signori d'Italia.

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