giovedì 14 aprile 2011
Il sogno apuano
Si riempie sempre di stupore chi attraversa le gole della Turrite che è oggi Edron, quando su un lago che rispecchia il cielo al candor delle nuvole s'aggiunge il candore dei monti di marmo e di neve. Altre terre, per chi è tormentato da strade senza fine, certo meno ardue della Vandelli e dei sentieri dei Liguri Apuani, ma certo sfiancanti più di quando, ventisei anni prima, la 127 portava ogni giorno l'archeologo di pianura al fresco ardore del ripiano su cui chissà se duemilaseicento o duemilacinquecento anni prima Etruschi venuti dal mare o dalla valle distillavano pece, o chissà che altro.
Il Sacro Cerchio della Fanciulla di Vagli, rispettato forse anche negli anni della guerra di sopravvivenza e di sterminio, con la lama di marmo che taglia il cielo entro un poligono che vorrebbe essere cerchio, con il suo fascino ambiguo è al margine dell'immagine regalata da un amico carissimo, dopo trent'anni, con la neve e il marmo che si sarebbero fusi alle nuvole, se solo nuvole avessero festeggiato la luce di quel giorno forse più felice dell'oggi per chi ne colse l'incanto.
Dovrà tornare, la Fanciulla di Vagli, fra i suoi eredi che eredi non sono, ma vorrebbero esserlo, e lo sono perché figli della stessa montagna, delle stesse rustiche fatiche. Dovrà, si spera, si vorrebbe, si auspica; qualcuno anche fa.
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