domenica 6 marzo 2011
I tegami (o le casseruole) della nonna, a colori
Sono nitidi i profili di tegami e casseruole, nell'argento emulsionato di Filippo Del Campana Guazzesi, anno 1895 più o meno, Piazza oggi del Seminario a San Miniato, con le fiere contadine eleganti come le nonne perdute quaranta e cinquant'anni fa dell'archeologo Senzanome che trattano, e poi sottobraccio con le ceste di vimini che intrecciava ancora la nonna, cinquant'anni fa, li portano al focolare, per zuppe che forse erano come le voleva l'Artusi, forse come imponevan l'erbe offerte da campi avari, diceva la nonna, curva a sessant'anni per essersi curvata sulle erbe e con le mani divorate dai vimini intrecciati in cesti perduti. Ed oggi l'archeologo Senzanome l'ha salutata, immersa nei muri di un cimitero triste come solo i cimiteri che non danno la pace della terra sanno essere.
E vede i colori dei tegami delle nonne, fine Ottocento o giù di lì, venuti dalle ultime botteghe di Toscana che ancora sapevano dei colori in giallo e nero del Rinascimento, o di Provenza, in terra di Francia, per essere rifatti a Camigliano. E al tramonto del giorno, al sottile estinguersi delle attese, nella casseruola rifatta a metà con passione infinita in giorni di passione e tormento, ritrova un attimo di anni remoti.
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