domenica 31 ottobre 2010
La zuppa di Alessandro (e di Elena): ritrovar tabernae degli anni della tormenta
Non il vino di Sara, imbottigliato in anfore di Empoli, ma quello del Tosso poteva acompagnare, negli anni di Alessandro Severo, dei Gordiani e di Massimino, di Decio e Gallieno, della guerra alle porte d'Italia e in Italia, dei curatores rei publicae impegnati a salvare nei ruderi di città morenti i segni del potere, la zuppa che ci cucina, mirando dall'alto il frutto delle sue fatiche autunnali, Alessandro; ed Elena, nella forza serena del suo sorriso mirato altrove, assicura il suo sostegno.
Ceci lenticchie chicchi che attendono dotti paleobotanici si spandono intorno ai segni del fuoco, nel cortile della taverna spersa nella campagna che era di Luca ed ora è orgogliosamente di Capannori, il profumo delle verdure e dei legumi che si scaldano alla brace per accompagnare il pane, seppur non ancora in zuppe longobarde, par quasi tornare in una giornata d'autunno in cui i cammelli e le musiche del circo migrante, lì vicino, evocano straordinarie suggestioni delle feste di campagna, delle nundinae, in cui servi e coloni e qualche militare di passaggio potevano riscaldarsi un attimo al fuoco che nella pentola, con il vino del Tosso o del Valdarno, aiutava ad arrivare al domani, fidando nelle legioni esaltate nel sarcofago Ludovisi, i succinti pastori e contadini del sarcofago di Iulius Achilleus.
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