lunedì 23 agosto 2010

La luna nel piatto (di graffita lucchese del primo Rinascimento)




È leopardianamente silenziosa, con la piccola bocca chiusa, la luna nel tondo del fondo del piatto finito a livellar terreno, ai primi del Cinquecento, rotto al punto giusto da salvare il cerchio campito dal giallo reticolo in cui s'apre il volto ovoide dell'astro, con le pupille dilatate dal buio, pallida emula della Sorella Luna affranta degli stessi anni, posta nella robbiana della Verna ad assistere sgomenta, con il Fratello Sole, alla Deposizione del Cristo.
Doveva manifestare il suo stupore perplesso alla fine del pasto, divorato il panino, finita la zuppa (la forma è mutila, dice l'archeologo), sorpresa pregustata, preparata dal pittore di vasi per tutti, memore delle lezioni della graffita d'Oltreappennino, con il veloce reticolo a supplire le campiture piene, effetto illusionistico facile, attento più alla continuità della linea che alla precisione del tocco del pennello, ormai pronto a trasformar la sua arte nutrita dalle aspirazioni deluse di aspiranti a mense signorili in arte per tutti. La Luna che assiste sconcertata alla fine del pasto, stupita con lo sguardo da pesce, straordinaria metafora plebea in un'epoca di raffinata arte signorile.

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