mercoledì 26 maggio 2010

Il verde cielo di Valdera, il rosso delle chiese del Trecento, il colore degli strati





Combatte con l'azzurro il verde della Valdera, sul finire di maggio, dopo le piogge, in toni infiniti appena chiazzati di rosso e e di giallo, a caricare di colore il crinale che s'affusa tra Ricavo e Tosola, fra Valdera e Valdarno, tante volte percorso in anni remoti, quando gli agriturismi di Colleoli erano neppure divinati, e le coloniche sfuggite da pochi anni alle fatiche dei mezzadri offrivano il fianco a testimoniare, con cocci incompresi, storie recenti e segni di vite remote. Sul Maltufo, la quota 203 degli Etruschi del VI secolo a.C., signora di queste terre, il primo bucchero visto sulle argille di colline sventrate, sta finendo la vita della pineta che si vide piantare, trenta e più anni fa.
Ma non per questo ci si perde nel verde e nell'azzurro di Colleoli; è per l'ombra di un'abside coronata di arcatelle in laterizio, in decoroso tessuto di mattoni scanditi da paraste, resto coevo dello strato visto nel sogno di un autunno perduto. Non parlano le pietre, rivissute e logorate da infinite rinascite, né le pareti di strade incavate dove ancora nel Cinquecento i Signori di Firenze curavano il castello divenuto loro per conquista, ceduto ai pascoli di villici miserabili, incapaci di versare le somme pattuite.
La storia di un contratto narrato dalle carte dei Capitani, della visita del Vescovo del Quattrocento, affidata al paramento di mattoni esaltato dall'ombra della sera. E l'archeologo che vorrebbe comunicarla, con la sua passione solitaria per queste affusate colline perse tra il cielo e il verde.

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