giovedì 11 marzo 2010

Poggio Rosso al tramonto




Una lama di sole in un tramonto d'inverno, per dipingere il colore eponimo alla collina sulla Sterza, appena incisa da chi voleva farne pietra, ed è finito triturato, nelle strane storie della terra. Si ritorna alle radici della Terra dei Quattro Fiumi, ai piedi delle colline dalle quali si vede il mare, e il vento gira le pale del parco eolico, perché sembra arrivata l'ora di trasformare in pagine di scienza le emozioni di anni trascorsi vorticosamente, fra ascese, dialoghi, trattative, una veloce giornata di pioggia di primavera a Peccioli, fra amici e con l'amico che se ne è andato, Marcello, che quel giorno a Peccioli ci portò a vedere dal cielo castelli, segni, sogni. E non si leggeva sul suo volto la fatica, solo l'entusiasmo, la passione, l'ironia, come ancora negli ultimi giorni.
Il mistero di Poggio Rosso, tagliato dal sole al tramonto, con pietre vissute tre o quattro volte, dagli Etruschi (chissà) al Medioevo, e poi al Rinascimento, e poi ancora ... le pietre da una parte, qualche coccio dall'altra, con infinite domande, maturate mentre si saliva al cocuzzolo, e nessuna risposta. Forse questo è il bello dell'archeologia, anche se a Poggio Rosso non ci sono Templari, non ci sono costruttori di piramidi ... forse solo contadini della Valdera, costretti da qualche tirannotto a fare un abbozzo di castello, e poi dalla miseria a trasformare le pietre accumulate per il castello in un riparo per le fatiche della terra o per l'attesa del bestiame. L'inquieto tremolio del tramonto di Poggio Rosso, che pone le domande per la sera e per la notte, e non solo per l'archeologo che deve trasformare qualche pietra e qualche coccio in racconto di storia.

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