lunedì 9 novembre 2009
In cammino per Altopascio
È faticoso il viaggio per Altopascio, non tanto per le asperità della via Francigena, dismessa, dimenticata, o troppo celebrata ... venti e più anni di scavi a frammenti, di amici che si susseguono e si alternano, di lacerti perduti e di ceramiche che non parlano come dovrebbero. La fatica dell'archeologo, che vorrebbe far storia di muri, di terre nerre, di cocci che in rari casi si illuminano di colori e di date, è quasi pari a quella dello storico che cerca di capire qualcosa in quella strana congrega di Ospitalieri, troppo amici di papi e di imperatori per essere vicini allo spirito di Francesco, troppo affaristi nella gestione di terre – il povero Castelfranchese che si deve vender le vacche, per pagare affitto e interesse agli inesorabili fratelli e ai loro ragioneri-fattori-conversi. In combutta con Federico II, in intrallazzi con Pier delle Vigne, come ci rivelava Schneider in pagine tedesche tanto citate quanto non lette, per eliminare la temibile concorrenza dello spedale-fai-da-te costruito da Enrico dove il conte palatino aveva impiccato i Catari, dove Ottone IV aveva fatto sosta, e che dunque ... ed ecco che le terre del romitorio senza protettori nella curia imperiale divengono il palazzo di mattoni sotto il segno del Tau che domina la via di Roma, che si dota di ali di pietra e di mattoni con feritoie, e su su. Piacerebbe narrare questa storia all'archeologo, che con i compagni d'avventura, Paolo e Augusto, Franco e Alessandro, e poi Elisabetta e Sara, da tanti anni – sotto l'ombra del professore innamorato del Piccolo Paese Natale e della sua Grande Storia (un pericoloso specchio, per l'archeologo che ad Altopascio arriva da Castelfranco), riamato non senza tormenti – sale al piccolo rilievo pregno di storia e di monumenti. Frammenti di muri e frammenti di maiolica arcaica, pergamene e sculture; era forse più facile il lavoro dell'asettico storico tedesco.
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