venerdì 17 aprile 2020
Orfeo per i pastori delle Cerbaie (e per gli archeologi delle Cerbaie)
Suona la pandura, l'elegantissimo cantore dell'Imperatore, splendido e malinconico Orfeo che ammansisce le belve e ne è anche il pastore. Dal Palazzo Imperiale, mosso di volumi e di colori (ma non si trova un'immagine a colori!!!), alla chiesa di Cirenaica.
Suona per l'Imperatore, di certo, suona per belve e per mansuete greggi, suona per la Natura tutta, e forse suona anche per i pastori del registro un po' più in là, tanto frequentati, anche se Google non c'era, per immaginare Corte Carletti, capre pecore anfore ...
Lasciamo che suoni anche per Augusto, che la Natura tutta amava e conosceva, e i segni della terra parte della storia dell'ambiente, si direbbe oggi, o forse si diceva un dì.
La pandura, strumento del massimo tra i cantori e della Musa, per l'amico che da un mese non risponde al telefono ...
mercoledì 8 aprile 2020
La bella e i barbari. Chiusi A.D. 500
Si seguono i delfini, in questi giorni di primavera, e si risale su, verso l'Eufrate, ma è d'obbligo una sosta nella terra delle Amazzoni, a Edessa che è oggi Urfa, dove Digenis l'Akrita perse la testa almeno per un po' per la bella Maximó. Aveva buoni motivi, l'eroe dei Romani che non sapevano di essere bizantini, se queste erano le Amazzoni ...
Bellezze d'Oriente, le Amazzoni e la Dea, sobriamente eleganti, con gli orecchini che fan tornare a Chiusi, scavi del '53, ammasso di crani deformati e rare bellezze. Bronzo di orecchini che potevano sfavillare quasi come l'oro delle aristocratiche di Siria.
Bellezze di Chiusi, anno 500, più o meno venti, ma forse meno, per le bellezze gotiche, con il cranio deformato, alla unna. E ora che ci si pensa, beh, un po' sembra davvero che il re dei Goti d'Oriente, che ne aveva viste parecchie, e certamente aveva la Vittoria in pugno, fosse stato abbellito alla unna, negli anni della sua gioventù, che eran poi quelli.
sabato 4 aprile 2020
I delfini dell'imperatore per i Longobardi di Toscana
Giorni di clausura e di attesa, primavera rarefatta, con l'amico perduto senza saluto ... e si naviga, sulle onde della rete, onde altissime, talora placate, ma sempre capaci di offrire nuove rotte. Ah, il rimpianto dell'archeologo vecchio, averle avute nella remota gioventù, quante sciocchezze in meno. Ma forse anche in più, chissà.
E allora i delfini plasmati nell'oro per la cintura del Longobardo di Santa Giulia a Lucca, il vir magnificus che invocava Dio a dar forza al suo scudo, visti in immagine e poi rimessi a lor posto, arrivano guizzando su mari silenti fino al Bosforo, al segno sublime del risorto Impero di Giustiniano. Santa Sofia, il sectile più bello d'ogni tempo, curve e colori perfetti. I delfini come logo del potere, accanto alla cornice di verde e di croci, alla remota epifania della Croce, negli ultimi anni dell'Impero, momento effimero di luce quando già i tuoni annunciavano tempeste su tutti i fiumi del confine. Segno dell'Impero per il Longobardo di Lucca, si vorrebbe immaginare, il dono dell'Imperatore accanto a quello del Re di Pavia, tutto in uno, per rammentare nella tomba la storia dell'uomo di guerra.
E certo i delfini piacevano al Longobardo, e a chi lo riforniva dell'ostentato vigore di guerra, se a Chiusi un delfino saluta festoso dietro all'ambiguo ketos, sul lungo coltello che è quasi scramasax. Sulle vie del mare è migrato a New York, il delfino di Chiusi, con il ketos che di certo negli anni di Giustiniano subito rammentava il terribile Porphyrios, incubo del Mar Nero, dice Procopio, finché non finì su una spiaggia e in pezzi. E i delfini tornarono festosi sulle acque di Costantinopoli.
Una storia ambigua, di un'orca (dice che s'intende di ketoi), dell'essere marino che salva Giona e tormenta il bifronte impero di Giustiniano. Chissà, scomparso Porphyrios, ketos un po' balena ma molto orca, i delfini potevano ritornare davanti al palazzo imperiale. La fortuna dell'imperatore che le aveva viste tutte, l'Anno Senza Estate, la peste, guerre senza fine anche in città, e anche l'Orca Assassina. Una Fortuna che si era quasi sempre chiamata Belisario.
E da ultimo aveva visto i Delfini. Fortuna dell'Imperatore e dell'Impero, scritta nell'oro, per assicurarsi la spada dei Longobardi di Toscana.