venerdì 18 febbraio 2011
I fiori del Settecento, i fiori della morte
Fa tappa nelle devozioni sepolte, forse l'ultima, il viaggio nel Settecento tra Lucca e la Valdera iniziato tanti anni fa, pochi perché Carlo (Benvenuti) è ancora con noi davanti alla parete di terra di Gello con le zampe di gallo siglate e gli scarichi della fornace del vasaio che per la sua povera clientela di campagna tirava giù fiori in verde e rosso, non (ancora) i fiorellini alla frncese del Levantino, o i fiori delle fini maioliche dei signori di città.
Fiori e foglie degli infiniti servizi per i poveri del San Francesco e i Francescani di Lucca, i fiori del rosario nella morte, per l'archeologo che cerca nelle immagini dei pittori della realtà del Settecento i colori che gli mancano, i legami di carne e di materia deperibile (sic) fra quel che la terra conserva. Non i colori delle carni e dei pesci, ma almeno quelli di pentole e fiaschi ... e il viaggio, fatta sosta nelle sepolture murate di Lucca e San Martino in Colle, nelle discariche delle ossa dei poveri lazzeri di Soiana, risalendo poi per la Valdera, prosegue, prosegue, come proseguono le storie che la terra racconta anche se l'archeologo che è arrivato alle soglie del Novecento e ritrova nella terra i segni della vita dei suoi nonni sente il peso dei Nuovi Giorni.
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