sabato 27 novembre 2010
La neve sugli Etruschi della Garfagnana, al tramonto dell'autunno
Sale con passo saldo, Paolo, sulla prima neve dell'anno, che per un giorno protegge e seppellisce gli Etruschi della Murella, tre volte scoperti, due volte scavati, in un intreccio fantasmagorico di colori e pietre e cave del Settecento e buche di palo, pesi taralli cocci iscrizioni che fanno spuntare case di legno sul sonoro sfondo del Serchio e dell'Esarulo, vie che salgono verso passi innevati dai quali s'illumina la terra dell'Eridano. Oggi due soli colori, il livido riflesso della terra, il bianco pastoso di una neve che cerca il suo regno.
È il tramonto dell'autunno, un autunno condiviso dai due amici dei Segni della Terra, trent'anni dopo, dopo la primavera nel fresco fango di un sepolcreto etrusco salvato in un remoto novembre per essere risepolto in un museo, con sobrio decoro di luci, e l'estate sui castella dei Liguri e sui castelli dei signori di montagna e degli Estensi.
L'autunno ci lascia nella speranza e nell'attesa delle lame di sole dell'inverno.
lunedì 15 novembre 2010
Cantar di mura e suonar di cocci. Ritornando ad Altopascio
Si vorrebbe sentir Raimbaut o ripetere i versi e il suono di Jaufré, veder villanelle languide attendendo l'alba o dame inattingibili come funzionari di Direzioni Superiori uscire e rientrare da ferree pareti, davanti alle mura che il viandante bramava al tramonto, il contadino affittuario paventava tutto il giorno. Solo un sogno è questo per l'archeologo che per sindrome ossessivo compulsiva, senza più saper perché lo faccia, venticinque anni dopo indaga strato di ardesia su strato di terra e livelletti e livellini, cuciti da Paolo su pietre di quarzite con la pazienza sapiente delle montagne antiche, illuminati in verde e nero quando la sorte è benigna, più spesso nel bruno e nell'avana di un Medioevo a colori solo nelle miniature e nelle tavole di Berlinghiero.
Certo, non come quello del Romeo, o di chi lasciava la dolce terra di Toscana per cercar Saint Gilles o Santiago, è faticoso il viaggio dell'archeologo per Altopascio, dismesso da un anno, una sosta fra le paludi e i boschi umidi di querce e ontani, sfuggendo banditi e i cavalieri dell'Imperatore, peggio forse dei banditi. Preparare spartiti per mura concertanti, documenti equivoci, le storie viste e amate da Giuseppe, attendendo i riquadri di Sara e i dobloni dell'amico delle Venezie ... quasi come confezionare accompagnamenti per improbabili filmini su Garage Band ...
Ma il suono, infine, è sconvolgente, nello stridore attutito da sfumati e distinguo, che ne fanno un impasto gregoriano. E si segue il cavaliere e il pezzente, sotto la torre, davanti allo spedale, scrutato dal Palazzo del Rettore, per sceglier sua dimora nel chiostro con gli affreschi o sulla paglia sotto le mura.
sabato 6 novembre 2010
Olive e Frutti della Terra nell'autunno del Valdarno
Sullo spigolo di terra che tocca il cielo, scivolando dall'una e dall'altra parte nel verde pregno di giallo dell'autunno novembrino, in una sera illuminata dal sole e dall'entusiasmo, in attesa della pioggia e del disincanto del domani, c'è chi sottrae al bacio del sole olive ripiene di umori e di storia, e chi traccia segni sulla sabbia in cui s'affissano olivi giovani e olivi antichi.
Sono antichi anche gli amici che intrecciano suoni con la comitiva che celebra i Giorni dell'Olio, sacro e rinnovato rito della terra toscana, di queste colline del Valdarno, in cui i due fluidi generati dall'argilla e dalla sabbia in questi giorni celebrano le ultime feste della stagione e dell'anno, dopo che le piscine in cui si sono rigenerate le vetuste dimore dei mezzadri son chiuse, è finita l'epoca delle migrazioni, se non per gli aironi che vanno di bolina verso le rinate paludi dell'Auser.
Tanti da non contarli più sono gli anni condivisi a cercare, più amati dei tartufi, nel suolo devastato dall'erpice o nelle scarpate volute da padroni e mezzadri, cocci e coccetti, risibili prede per chi non sa quanto sia devastante la suggestione del passato, la voglia di ritrovare se stessi nei Segni della Storia. E ora di nuovo, tanti anni dopo e dopo tante occasioni, le pie donne di Marti e gli amici di Segni dell'Auser, carichi come lui della fatica degli anni ma come lui ancora spinti come i sodali di Ulisse dalla curiosità del sapere, si chinano scricchiolando le ossa sotto gli olivi, a grattare una sabbia dorata come le foglie che si preparano all'ultimo volo, per riconoscere il rosso del coccio, il bianco della pietra, il nero dell'uomo e della sua vita.
E quando un coccio più ricurvo degli altri, con un buco che spunta sotto le squame della sabbia, dichiara «Bronzo Medio», più o meno 2 o 2A poco importa, la festa è grande.