venerdì 2 luglio 2010
I leoni (alati) della savana di Lucca
È rinfrescante il nero su nero del bucchero con sequenza di stampigliature, dopo il bianco su giallo del cantiere, in cui l'ombra quasi si fonde con il sole, e i colori squillanti degli elmi e delle corazze degli archeologi ne esaltano appena la visibilità.
Il leone alato, sfinito nella superficie esausta del bucchero, ritrovato dal cesello della lavatrice (femina, non machina) dopo essere stato al freddo e all'acqua, misto ai segni di una storia che nelle esangui ombre di una spiaggia che si fa savana trova inauditi spessori, dagli albori dell'Età del Ferro alle fatiche dei contadini del Novecento.
Non sono da meno le fatiche degli archeologi, o di chi nella sauna del laboratorio trova i colori e i segni sepolti in una pelle devastata dagli anni. E il Leone del Tardo Orientalizzante o del primo Arcaismo, con le sue ali sottili, può tornare a ruggire nella savana della Terra dell'Auser, dove conobbe la sua gioventù, la sua prima vita.
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