venerdì 25 giugno 2010
I segni della storia infissi nella terra
È appena essiccata la terra inondata tre giorni fa, fra i rami infiniti dell'Auser che muoiono e rinascono, soppressi dall'uomo, irrigiditi in canali ma ancora capaci di insorgere contro misure e ai vincoli.
Il primo sole d'estate è rapido a far pietra dell'acqua, occorre sapienza occorre pazienza per scoprire, in argille cementate, remoti segni della storia. Ci si stupisce, ma non troppo, quando su interfacce figlie del caso, nell'ordinato caos di un cantiere in cui l'archeologo s'allea e confligge con la 81/08, e affronta il suo destino di cavaliere con elmo e corazza, la lancia è la mestola, appaiono frammenti neri, polverosi, sullo sfondo abbacinato dal sole a picco, spolverato dai venti di tutti i quadranti, con schemi incisi e puntinati.
La prima civiltà dell'Auser, ossessivamente cercata venti anni fa qualche chilometro più a valle, trovata infine con antichi compagni di uno scavo perso nel cuore verde della Terra dell'Auser, e ora così facilmente (si direbbe) trovata in una periferia urbana macchiata di capannoni sfatti e villette pulite. È faticoso ritrovare la capanna delle urne in questo paesaggio, il gazebo che tutela archeologhe affrante è una inutile metafora di una storia di dusemilaottocento anni fa.
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