sabato 5 dicembre 2009

La H e la F: il Tesoro del Lago, aspettando lumi dal Triveneto







La F e la H, la H e la F: solo questo il povero archeologo tuttofare riesce a decifrare in esausti tondelli (o quadrelli) che finissime mani di stagiste americane, sapientemente pilotate da esperti restauratori, hanno restituito al color dell'argento, senza far troppo male alle robuste concrezioni che stimolano l'occhio. Una S di Pisa, V V di Luca, o qualcosa del genere, confortano la lettura di un freddo mattino di dicembre, quando matura, seppur con robuste croste, il frutto delle fatiche di Augusto, si conclude la storia romanzesca di una manciata di monetuzze sottratte alla torba in anni remoti, dal fondo del Lago tanto trafficato, come ci documentano gli atti di Bientina, ai primi del Duecento (ma anche prima e dopo). Ma il Signore delle Monete certamente riuscirà a penetrare anche in legende forse mai leggibili, a scoprire intrecci di coni su ribattiture multiple. Le Faide di Comune, gli assalti ai castelli sul lago, i porti trafficati dal ferro e dai vasi, la signoria dell'Abate e le minacce dell'Arcivescovo, per un attimo si mescolano nelle F di Pisa e nelle H (che non sono H ...) di Lucca, segni di devozioni imperiali diverse, rivali e unite dagli affari, oltre che dalle passioni archeologiche di Biduino.

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