mercoledì 30 dicembre 2009

I delfini della Piana di Lucca e il nuovo anno



Dovevano essere beneauguranti gli amici delfini che guizzano intorno ad una ruota di onde – povera stilizzazione dell'artigiano di campagna? – sulla lastra che guardava il fiume, amico e nemico, sulle sponde dell'Auser, agli albori del I secolo d.C.
L'anno dello spirito segue i suoi ritmi, preferisce vedere nella primavera la nuova vita; ma l'anno laico impone bilanci, ed è nel cuore dell'inverno, quando la luce ogni giorno di più s'impone sulle tenebre, che si è deciso, a tempore Romanorum, di far partire bilanci e conteggi, e l'entrata in carica dei nuovi consoli.
La storia ha i suoi ritmi, che non sono (solo) quelli dei consoli, e se il ciclo della vita di ognuno ha suoi tempi e suoi modi, convenzione di civiltà vuole che si facciano gli auguri, in questi giorni, tristi per la sicura fine di un viaggio intorno al Sole, necessariamente fiduciosi nell'attesa che il nuovo viaggio porti cose migliori. Il Sol Invictus risorge, o, come dice il poeta morto giovane, «Soles occidere et redire possunt ...» aggiungendo spiacevoli conseguenze, sulle quali facciamo scendere l'ombra del tramonto invernale, quando la nox dormienda è interminabile, il lusus catulliano perso da tempo.
Buon anno, dice l'archeologo, che vede sepolti nella terra infiniti cicli, e non è molto convinto che il prossimo sia migliore, anche se da ogni zolla rimossa si attende la soluzione delle infinite domande che la terra gli pone.

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